Ed è subito burnout (ovvero: piccola guida per sopravvivere allo stress nel mondo del non profit)

Ed è subito burnout (ovvero: piccola guida per sopravvivere allo stress nel mondo del non profit)

Maggio: le campagne 5×1000 sono partite, le altre “regolari” attività di comunicazione e raccolta fondi proseguono a pieno ritmo, l’anno lavorativo corre a perdifiato. Gli impegni si accavallano, le scrivanie si riempiono di fogli, post-it e memo, i telefoni non smettono di squillare, i cellulari di servizio non si spengono più. Il calendario di Google si infittisce di impegni, scadenze, incontri, eventi, Festival. Le vacanze estive sono lontane (troppo lontane!), gli effetti della primavera si fanno sentire, i “ponti” sono troppo corti per riuscire a ricaricare le batterie, il timore di non rispettare le deadline è sempre maggiore, la pressione sale, l’ansia cresce, cresce, cresce…

…ed è subito burnout.

Lo stress da lavoro, infatti, non risparmia nemmeno i lavoratori del non profit (d’altra parte, perché dovrebbe?) e, esattamente come accade nel settore profit, il rischio di correre ai ripari quando ormai è troppo tardi è sempre molto alto.

Il segreto per evitare che la situazione ci sfugga completamente di mano, come spesso accade, è tutto nella prevenzione e qualche dritta in questo senso ci arriva direttamente dal mondo anglosassone. Ecco quindi cosa possiamo fare per evitare che un’eccessiva dose di stress distrugga il nostro lavoro, oltre che noi.

Regola numero 1: impara a usare bene il tempo.

È sempre vero che distribuiamo al meglio le nostre ore di lavoro nel corso della giornata? Siamo certi di dedicare le giuste risorse (fisiche e mentali) ai nostri impegni? Siamo proprio sicuri di riuscire a darci (e a dare) le corrette priorità ai diversi compiti che ci spettano?

Se la risposta a queste domande è “credo di no”, allora forse dovremmo fermarci un attimo e ripensare quello che stiamo facendo, iniziando prima di tutto a eliminare ciò che incide negativamente sull’utilizzo del nostro (prezioso) tempo.

Bando quindi alle interruzioni continue da parte dei colleghi, alle richieste dell’ultimo minuto e all’accondiscendenza verso compagni di scrivania che tendono pericolosamente a ore e ore di riunioni spesso inutili.

invece alla pianificazione dettagliata delle attività, alla concentrazione delle energie sulle proprie scadenze e sugli obiettivi da raggiungere, sì ai meeting ma solo se programmati, sì (assolutamente sì) alla collaborazione con i colleghi, a patto che però le loro richieste non siano inopportune. Un metodo troppo rigido? Forse. Ma secondo gli inglesi, un’ottima ricetta per sopravvivere in ufficio.

A livello più “strutturale”, poi, per una organizzazione non profit tracciare i tempi di lavoro significa gestire meglio il proprio budget (spesso piuttosto risicato). Secondo David Klein, infatti, un’analisi attenta di tempi e costi consentirebbe alle onp di allocare meglio il denaro a propria disposizione tra le sue diverse attività e tra le sue diverse risorse, investendo ancora di più sui processi più performanti e rafforzando invece quelli più “zoppicanti”. Il tutto, con una ricaduta molto positiva anche sull’immagine che l’organizzazione trasmette ai suoi donatori.

Già, i donatori. Coloro ai quali ogni onp deve rendere conto, siano essi individui, aziende o fondazioni. Soltanto l’idea di perdere la loro fiducia genera stress. Cosa fare quindi per migliorare (o almeno mantenere) i risultati senza perdere la testa?

Regola numero 2: keep calm and spread responsibility.

Come sostiene Lucy Morgan, infatti, un’organizzazione in cui il sistema di controlli interni è ben rodato e dove ciascuno si sente realmente responsabile di quello che fa (a prescindere dalle verifiche di un suo superiore) è un’organizzazione in cui si abbassa notevolmente il margine di errore. Attenzione ai dettagli, report di attività frequenti, confronti costanti tra membri dello stesso team (ma anche tra team diversi) e massima circolazione di informazioni a tutti i livelli sono solo quattro mosse – e comunque le più importanti – affinché un’organizzazione lavori in maniera più fluida e, allo stesso tempo, minimizzi il rischio di fallire i propri obiettivi.

Una realtà ben strutturata internamente e in cui periodicamente “si fa il punto” sui lavori in corso, infatti, gestisce i budget e le spese in modo più semplice, rispetta le scadenze più facilmente, agisce con maggiore precisione e, di conseguenza, raggiunge più spesso i propri obiettivi. Rinsaldando così la fiducia del proprio donatore. Certo, la realizzazione di un modello di questo tipo potrebbe richiedere uno sforzo importante oltre che una grossa dose di stress iniziale, ma non vale forse la pena sforzarsi un po’ di più prima piuttosto che dover correre ai ripari dopo (con almeno il doppio dello stress, un team di lavoro esausto, ma soprattutto donatori che non credono più in te)? Semplificando: per quanta fatica costi, la casa di mattoni non è sempre meglio della capanna di paglia?

E a proposito di casa.

Regola numero 3: ama l’ufficio tuo come te stesso.

Ogni giorno, trascorriamo in ufficio almeno 9 ore della nostra vita, molte più di quante invece ne passiamo, da svegli, nelle nostre case. Costruire un ambiente di lavoro accogliente, dove salutare e ringraziare sono la prassi e ridere non è reato, non solo aiuta a scaricare la tensione, ma invoglia addirittura le persone a spendere la propria vita professionale proprio in quel posto e non in un altro (e, se la condizione è proprio idilliaca, addirittura a farsene ambasciatori!). Dire “ciao” “buongiorno” “grazie” “prego” “scusa”, condividere caramelle e cioccolato per affrontare meglio i momenti più “neri”, “equipaggiare” la scrivania con una pianta (e prendersene cura), rallegrare l’ambiente con un pelouche (Yvonne Hudson consiglia addirittura di lavorare a maglia, ma questo vale solo per gli amanti del divertimento estremo), non significa infatti trasformare l’ufficio in un circo ma, più semplicemente, in un luogo in cui si sta bene insieme.

E infine.

Regola numero 4: come dicono gli inglesi, take your time off.

Vai in vacanza, caro lettore. Fai quello che ti piace, prenditi il tuo tempo, coltiva le tue passioni e i tuoi affetti, riposati, ridi, ricordati chi sei oltre il tuo lavoro.

Per esempio, adesso chiudi questa pagina, spegni il pc, infila le scarpe ed esci a goderti il weekend.

Tra l’altro, lo sanno tutti che le idee migliori arrivano passeggiando.

Fonti

Topnonprofits (1, 2)

npENGAGE (1, 2)

Huffington Post