SUPER BOWL 2017 E ADV: 4 LEZIONI PER IL NON PROFIT

SUPER BOWL 2017 E ADV: 4 LEZIONI PER IL NON PROFIT

Il 5 febbraio 2017, come tutti gli anni in questo periodo, negli USA è andato in scena l’evento sportivo per eccellenza, quello che decreta il vincitore di un intero campionato di football americano e che assegna alla squadra vincitrice il titolo di campione del mondo: il Super Bowl. Finalisti di quest’anno: Atlanta Falcons e New England Patriots.

Ma cosa c’entra una partita di football con il non profit? Ebbene, c’entra. Ora non ci resta che capire come e perché.

Dal 1966 il Super Bowl, più di ogni altra trasmissione televisiva, catalizza l’attenzione di milioni di americani che, un po’ come i cittadini europei per la finale della UEFA Champions League, non aspettano altro che accomodarsi davanti al loro televisore, in attesa che la liturgia accada (per darvi un’idea: il Super Bowl del 2015 è stato in assoluto il programma più visto di tutta la storia della televisione americana). E un evento che riesce a suscitare l’interesse di così tanti spettatori e ad attivare così tanti utenti sui social network, è senza dubbio un’occasione importante.

Anzi, è l’occasione giusta in cui un’organizzazione può provare a raccontare la propria storia e le proprie attività a un pubblico davvero molto vasto. A un pubblico di potenziali donatori.

Partendo proprio da quest’ultimo assunto, il non profit americano non si è fatto cogliere impreparato e, anche quest’anno, ha ideato e costruito campagne di marketing volte a sfruttare al massimo la visibilità mediatica offerta dall’evento.

Come ci racconta Kathy Powell, che ha individuato le migliori campagne di Atlanta, alcune organizzazioni della città hanno iniziato a correre verso l’obiettivo già molte settimane prima del Super Bowl, in modi molto diversi tra loro ma tutti accomunati da un unico elemento: il legame con gli Atlanta Falcons.

Si va quindi dai ragazzi della Davis Academy, che hanno trasformato lo slogan dei Falcons –“Rise Up!”– in una canzone contro le ingiustizie sociali, fino al Northside Hospital di Atlanta il quale, da bravo partner della squadra, ha addirittura realizzato una campagna lunga tutto il campionato, dedicandola ai “futuri tifosi” (ma soprattutto ai loro genitori). I neonati dell’ospedale, poi, sono stati anche i protagonisti dell’attività Facebook dell’ospedale più a ridosso del Super Bowl e di una intera e più ampia campagna mediatica, neanche a dirlo incentrata sullo slogan “Rise Up!”, che ha previsto l’utilizzo massiccio non solo dei nuovi media, ma anche di cartoline, poster e cartelloni pubblicitari diffusi per tutta la città.

Tutto “liscio” dunque per il non profit americano? Non proprio.

A contendergli il vastissimo spazio di comunicazione garantito dal Super Bowl, c’è stato infatti il mondo del profit che non solo, a sua volta, ha cercato di sfruttare la visibilità mediatica offerta dall’evento per parlare al suo pubblico, ma lo ha fatto adottando sempre più forme e contenuti storicamente appartenenti alla sfera del sociale.

Come sostiene Howard Lake, infatti, mai come quest’anno i messaggi lanciati dalle aziende prima e durante il Super Bowl hanno toccato temi molto cari al non profit. Uno su tutti: l’uguaglianza sociale al centro della campagna #weaccept di Airbnb.

Inclusione, ottimismo e umanità sono poi i valori su cui ha puntato Coca Cola con un video pensato già nell’agosto 2016, mentre 84 Lumber ha saputo raccontare in pochi, emozionanti minuti il “viaggio” pieno di speranza di una mamma messicana e della sua bambina verso la cittadinanza americana. E ancora, It’s a 10 Haircare ha incentrato la sua campagna sulla tutela della diversità, in un concentrato di ironia che fa leva su un neanche troppo sottile riferimento alla capigliatura del Presidente degli Stati Uniti.

L’attuale situazione politica e sociale americana offre senza dubbio un assist importante alle aziende dal punto di vista dell’adv. Tuttavia, e più in generale, UKFundraising ha individuato 4 “lezioni” che in questo caso il profit ha impartito al non profit dal punto di vista del marketing, sintetizzandole in altrettante parole chiave:

  • coraggio. Coraggio di dire sempre la verità, anche quando può essere scomoda per il “potere”;
  • “reinvenzione” della comunicazione charity, perché le aziende hanno ormai imparato a usare nella loro comunicazione sociale le forme e i messaggi appartenenti per tradizione al non profit;
  • storytelling come fulcro su cui impostare i messaggi che vogliamo mandare (il non profit ha a sua disposizione storie meravigliose: raccontiamole e facciamolo sempre meglio!)
  • previsione delle critiche. Perché, se il non profit adottasse un approccio simile a quello proposto dal profit, potrebbe essere accusato di opportunismo (come successo, per principio inverso, alle aziende sopracitate).

Ma a proposito di questo ultimo punto, ci viene in mente una domanda: è davvero così sbagliato provare a cogliere un’opportunità?

E ancora.

Negli USA, quest’anno, febbraio è stato il mese del Super Bowl.

In Italia, febbraio è il mese di Sanremo, la manifestazione che soprattutto negli ultimi anni si è profilata come l’evento per eccellenza della Rai e che, anche nel 2017, ha raggiunto vette elevatissime di ascolti (e di coinvolgimento degli utenti sui social).

E se provassimo a ripensare Sanremo, trasformandolo in un’occasione in cui le onp possono raccontarsi e raccontare le proprie attività (molto più di quanto accade ora)? Tutto sommato, il Super Bowl dovrà pure insegnarci qualcosa, oltre che le regole del football…

 

PS: Per chi non lo sapesse, alla fine hanno vinto i New England Patriots.

 

Fonti:

Non Profit Marketing Guide

UKFundraising

NFL.com

Statista

Forbes